martedì 3 aprile 2012



Come si fa una RELAZIONE

 
La relazione è un testo informativo/espositivo, mediante il quale si presentano in modo ordinato dati e fatti relativi a un argomento, una situazione, un'attività, un'esperienza.
Le occasioni scolastiche per predisporre una relazione sono: un'uscita didattica, un'inchiesta, la realizzazione di un esperimento, una ricerca in una qualsiasi disciplina.
Le sue caratteristiche fondamentali sono l'ordine e la chiarezza.
Ecco alcuni aspetti molto importanti da tenere presente nel produrre una relazione:
  • è molto importante la fase preparatoria della relazione, con la raccolta dati, che possono essere reperiti tramite la consultazione di fonti, l'osservazione diretta, le interviste, oppure possono essere costituiti da appunti, schede compilate nel corso di un' esperienza;
  • il linguaggio deve essere oggettivo e chiaro; bisogna fare ricorso al lessico specifico del campo di esperienza cui ci si riferisce;
  • i periodi devono essere preferibilmente brevi e semplici; è opportuno anche un tono impersonale (Si pensa che..., Osserviamo che..., È stato accertato che...);
  • nella conclusione si può formulare un'interpretazione d'insieme dell'argomento in base agli elementi analizzati ed eventualmente, nel caso di situazioni problematiche, è utile suggerire proposte personali, condivise o discusse;
  • in funzione della chiarezza hanno particolare importanza anche l'aspetto grafico e l'uso dello spazio nella pagina; il testo, inoltre, può essere corredato da disegni, schemi, fotografie, grafici.


Appunti sul sud est asiatico

Il seguente testo è tratto da un libro in adozione per le scuole medie, un po' più aggiornato del vostro. A questi appunti suggerirei di affiancare la biografia di Aung San Suu Kyi, di cui si sta parlando tanto in questi giorni.  Entrambi i testi costituiscono materiale per l'ultimo argomento relativo all'Asia.



IL PONTE DELL'ASIA SUD-ORIENTALE

Un crocevia eccezionale...
Il Sud-Est asiatico è una regione estesa all'incirca co­me la metà della Cina e mediamente popolosa che occupa la parte sud-orientale dell'Asia. I Paesi di quest'area presentano comuni radici culturali e sto­riche, problemi analoghi, ambienti naturali simili. Per immaginare l'eccezionale posizione strategica del Sud-Est asiatico è sufficiente guardare un plani­sfero. Si può osservare che:
      l'area si trova al crocevia tra due grandi oceani, il Pacifico a est e l'oceano Indiano a ovest;
      si trova, inoltre, fra la Cina a nord, l'India a ovest e l'Oceania a sud; a est, sull'altra sponda dell'oceano Pacifico, vi sono gli Stati Uniti;
      fanno parte del Sud-Est asiatico sia penisole unite al continente asiatico sia arcipelaghi totalmente divisi dal continente; penisole e arcipelaghi si riconoscono come parte di una stessa macroregione e ciò implica la possibilità di controllare sia flussi commerciali terrestri che marittimi.

Per la sua posizione, il Sud-Est asiatico è una via di comunicazione e un ponte naturale unico al mon­do. Il suo ruolo di "terra di mezzo" è diventato an­cora più importante nel XXI secolo. Sfruttando la vi­cinanza di nuovi grandi mercati, Paesi del Sud-Est come Vietnam, Indonesia e Singapore crescono a ritmi elevatissimi e sono ormai temibili concorrenti della Cina.

...con alcuni problemi da risolvere
Il Sud-Est asiatico deve affrontare alcuni problemi che ne ostacolano la crescita e rendono in parte vana la fortunata posizione strategica. La prima dif­ficoltà consiste nel fatto che alcuni Paesi di questo territorio sono governati da dittature che operano sistematiche violazioni dei diritti umani. Questo ele­mento rende difficile e inaffidabile ogni possibile accordo fra questi Stati.
In secondo luogo, alcuni Paesi, come Vietnam, Fi­lippine, Singapore e l'isola di Giava in Indonesia presentano un forte sovrappopolamento. Come conseguenza, le risorse agricole non sono sufficienti e sono necessarie importazioni di derrate alimen­tari, ma soprattutto si rilevano fenomeni di defore­stazione e di cementificazione che mettono a ri­schio l'ecosistema regionale.
Infine, alcuni Stati del Sud-Est asiatico si trovano esposti a gravi minacce naturali che si concentrano in questa parte del pianeta: vulcanesimo, ma­remoti, terremoti, tifoni. Per limitare i danni oc­corre mettere a punto sistemi di allarme e preven­zione tecnologicamente complessi e costosi, che nel Sud-Est asiatico sono ancora scarsi.

Una terza via politica
I Paesi del Sud-Est asiatico hanno fondato, nel 1967, l'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico o ASEAN (Association of South-East Asian Nations, vedi carta). L'associazione è nata come terza via politica, alternati­va al comunismo sovietico e al capitalismo nordamericano. Oggi il suo obiettivo primario è creare un'area di libero scambio tra i Paesi aderenti, simile alla comunità europea e in grado di competere con Cina e India. Nel 2007 l'associazione si è dotata di una costituzione che enfatizza l'importanza del rispetto dei di­ritti umani, ma al tempo stesso ri­badisce uno dei capisaldi dell'as­sociazione originaria: la "non in­terferenza" negli affari interni dei singoli Stati. Ciò permette ai go­verni dittatoriali di quest'area (Myanmar, Thailandia) di rimane­re nell'ASEAN, di fatto screditando la regione agli occhi dell'Occi­dente e facilitando l'egemonia ci­nese. 


 Il link su Aung San Suu Kyi è il seguente


http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1896&biografia=Aung+San+Suu+Kyi






mercoledì 28 marzo 2012

APPUNTI SUL MEDIO ORIENTE

Ciao a tutti, ho fatto per voi l'operazione che, a quanto dite, non siete riusciti a fare da soli. Queste sono delle informazioni assemblate da più fonti Internet, che ci permettono di avere un quadro abbastanza esauriente e soprattutto aggiornato, anche se sintetico, della situazione dei paesi che erano oggetto di approfondimento. Ora non avete scuse!...


IRAQ - LE GUERRE DEL GOLFO

Prima guerra del golfo

La guerra del Golfo (2 agosto 1990 -- 28 febbraio 1991), detta anche prima guerra del Golfo in relazione alla cosiddetta seconda guerra del Golfo, è il conflitto che oppose l'Iraq ad una coalizione composta di 35 stati formatasi sotto l'egida dell'ONU e guidata dagli Stati Uniti, che si proponeva di restaurare la sovranità del piccolo emirato del Kuwait, dopo che questo era stato invaso dall'Iraq.

Il 2 agosto del 1990 il ra'īs (presidente) iracheno Saddam Hussein invase il vicino Stato del Kuwait. Le ragioni dell'invasione vanno rintracciate su due livelli: il primo, consistente in una prova di forza con gli Stati Uniti ed i suoi alleati, come conseguenza della ambigua politica mediorientale portata avanti dal governo di Washington durante e dopo la Guerra Iran-Iraq; il secondo rivendicando l'appartenenza del Kuwait alla comunità nazionale irachena, sulla scorta del comune passato ottomano e di una sostanziale identità etnica, malgrado tuttavia l'Iraq avesse riconosciuto l'indipendenza del piccolo Emirato del golfo Persico quando questo era stato ammesso alla Lega araba.

L'invasione provocò delle immediate sanzioni da parte dell'ONU che lanciò un ultimatum, imponendo il ritiro delle truppe irachene. La richiesta non conseguì risultati e il 17 gennaio 1991 le truppe americane, supportate dai contingenti della coalizione, penetrarono in territorio iracheno. le operazioni di aria e di terra furono chiamate, dalle forze armate statunitensi, Operation Desert Storm motivo per cui spesso ci si riferisce alla guerra usando la locuzione "Tempesta nel deserto".

La prima guerra del Golfo fu anche un evento mediatico che segna uno spartiacque nella storia dei media. Fu infatti definita La prima guerra del villaggio globale.

Che gli interessi fossero ben altri da quello di restituire il Kuwait ai loro proprietari se ne sente parlare tuttora, che l'operazione statunitense di accaparramento di tutto il petrolio mondiale è in pieno corso.
È  diventato sempre più fondamentale e importante il ruolo dell'informazione mediatica nei fatti di guerra, al punto tale da poter eseguire guerre di sterminio e stragi tremende con l'appoggio dell'opinione pubblica, facendole apparire come operazioni di polizia mondiale, ma che in realtà celano solo interessi economici ormai innegabili e non più occultabili.

Seconda guerra del Golfo

Il 20 marzo 2003, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna cominciarono a bombardare l'Iraq di Saddam Hussein, accusato di possedere le famigerate Armi di Distruzione di Massa (spesso definite anche armi non convenzionali, come le testare atomiche e le armi batteriologiche, capaci di uccidere una grande quantità di esseri viventi) e di finanziare il terrorismo internazionale di matrice islamica

La guerra d'Iraq, o seconda guerra del Golfo, iniziò il 20 marzo 2003 con l'invasione dell'Iraq da parte di una coalizione formata da Stati Uniti d'America, Regno Unito, Australia, e Polonia, con contributi minori da parte di altri stati, tra cui l'Italia. Essa era stata preceduta da una lunga ostilità armata (iniziata nel 1990 con la guerra del Golfo) fra l'Iraq del dittatore Saddam Hussein e molti altri Stati (USA in primis).

Le truppe della coalizione prevalsero facilmente sull'esercito iracheno, tanto che il 1º maggio 2003 il presidente statunitense Bush proclamò concluse le operazioni militari su larga scala. Tuttavia, nonostante numerosi Paesi si siano uniti alla coalizione inviando contingenti militari, il conflitto prosegue. Esso si è trasformato in una guerra civile[1] che vede da una parte le forze internazionali e il nuovo governo iracheno (e le milizie curde e sciite che lo appoggiano) e dall'altra un movimento di resistenza[2] forte soprattutto nelle province centrali a prevalenza sunnita,[3] di cui fanno parte blocchi disparati che vanno da ex-membri del partito Baʿ th e dell'esercito, a gruppi religiosi, etnici o tribali e a gruppi apertamente terroristici legati ad al-Qāʿida.

Il 14 dicembre 2003, la quarta divisione di fanteria americana e i peshmerga (truppe paramilitari) curdi catturarono Saddam Hussein (l'"Asso di picche" del famigerato mazzo di carte con la faccia dei super ricercati del regime) nel villaggio di Al Dawr, vicino Tikrit, nel nord del paese. Il 26 dicembre 2006, Saddam fu condannato a morte per impiccagione dalla Corte d'Appello. Quattro giorni dopo il 30 dicembre, alle 6 del mattino, ora irachena, fu eseguita l'esecuzione, le cui immagini, riprese da un telefonino, fecero il giro del mondo.

I tentativi di porre fine allo scontro attraverso un processo politico (come le elezioni del 2005) non hanno avuto esito: dopo la vittoria alle urne, sciiti e curdi hanno persino esacerbato il conflitto introducendo nella nuova costituzione misure contrarie agli interessi sunniti. I governi che si sono succeduti sono deboli ed incapaci di controllare persino i propri sostenitori: gli scontri armati fra milizie "filo-governative" sono frequenti. Questi scontri e quelli con la resistenza sono accompagnati da episodi di pulizia etnica, che hanno spinto alcuni milioni di iracheni a fuggire dalle proprie case.[7] Recentemente la situazione irachena è stata resa ancora più intricata da alcune incursioni turche nel nord del Paese, giustificate dall'asilo offerto dai Curdi iracheni a membri di organizzazioni (come il PKK) che sarebbero responsabili di atti terroristici in Turchia.

I costi umani della guerra non sono chiari: l'unico numero noto con una certa precisione è quello delle perdite della coalizione (4.188 morti ed oltre 28.000 feriti fino al 1 dicembre 2007), mentre per le perdite irachene si va dai circa 30.000 morti cui ha accennato il presidente Bush in un discorso del dicembre 2005, ai circa 650.000 stimati in uno studio apparso nell'ottobre 2006 sulla rivista medica Lancet.

Il governo iracheno attraversa una grave crisi politica che ha la sua base nelle antiche divisioni settarie e religiose della società irachena. La crisi si è aggravata dopo la fine ufficiale della missione militare statunitense nel paese, che ha portato anche ad una nuova ondata di violenze e di attentati. Le bombe di oggi sono state dirette alla comunità sciita del paese, che costituisce circa il 60 per cento del paese e che durante la dittatura di Saddam Hussein era discriminata in favore della minoranza sunnita.

IRAN

Fino agli anni ’70 l’Iran era un regime autoritario guidato dallo shah Reza Pahlavi .
Nel corso del 1978, mentre a Teheran si susseguivano le manifestazioni di protesta e gli scioperi, a Parigi tutti i gruppi di opposizione si unirono in Comitato Rivoluzionario guidato dall'Ayatollah Khomeini. Dopo aver tentato la repressione, lo Shah provó la carta del dialogo, ma era ormai troppo tardi e l'ondata di proteste divenne un movimento rivoluzionario. Nel gennaio '79 lo Shah fuggì all'estero ed il primo febbraio l'Imam Khomeini tornò dall'esilio in Francia accolto in trionfo dalla folla. L'11 febbraio le Forze Armate iraniane dichiararono la loro neutralità e in tal modo segnarono la vittoria della rivoluzione islamica. In questa data è oggi celebrata la festa nazionale della Repubblica Islamica d'Iran.
Dal 1980 al 1988 il Paese è costretto a fronteggiare l'aggressione dell'Iraq di Saddam Hussein. Il dittatore iracheno, pensando che la rivoluzione e le epurazioni dei vertici militari persiani abbiano molto indebolito l'Iran. Alla morte di Khomeini, avvenuta nel 1989, il suo ufficio di "Guida Suprema" della Rivoluzione Islamica viene assunto dall'ayatollah Ali Khamenei.
In risposta al programma nucleare iraniano l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha approvato a più riprese sanzioni di varia natura nei suoi confronti. Nel giugno 2010 anche gli Stati Uniti d'America dell'amministrazione Obama hanno approvato sanzioni unilaterali verso l'Iran.

L'Iran si è già dotato da una ventina d'anni, ufficialmente a scopi civili, di centrali nucleari con tecnologia principalmente fornita dalla Russia, allo scopo di ridurre la sua dipendenza dal petrolio (l'Iran consuma ad uso interno il 40% del greggio che estrae). L'accerchiamento americano dell'Iran (gli Stati Uniti hanno basi militari ed aeree in Iraq, Turchia, Afghanistan e Pakistan) ha portato il governo iraniano a decidere di arricchire da solo l'uranio usato come combustibile nelle proprie centrali nucleari: decisione che vari paesi temono possa nascondere un tentativo di costruzione di armi nucleari. Ciò, insieme alle dichiarazioni fatte del presidente Mahmud Ahmadinejad circa "la sparizione dalla carta geografica dello Stato di Israele" ha provocato la reazione di Israele e di quella parte della comunità internazionale che sostiene fermamente lo Stato ebraico, originando una crisi dagli sviluppi che sono impossibili da prevedere. In proposito, Mahmud Ahmadinejad sostiene il diritto dell'Iran ad avere la propria tecnologia nucleare, così come ne dispongono molti altri paesi (Europa, USA, Israele, Cina, Giappone, Russia, ecc.).
In seguito alle elezioni presidenziali del 13 giugno 2009, vinte ufficialmente da Ahmadinejād, ma sulla cui regolarità l'opposizione ha espresso forti dubbi, la tensione sociale del paese è notevolmente aumentata, sfociando in manifestazioni non autorizzate e scontri di piazza, con un numero indefinito di morti provocato da un intervento delle forze dell'ordine, giudicato eccessivo all'interno dello stesso Governo, affiancate da un discreto numero di pasdaran e basiji.
In risposta al programma nucleare iraniano l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha approvato a più riprese sanzioni di varia natura nei suoi confronti. Nel giugno 2010 anche gli Stati Uniti d'America dell'amministrazione Obama hanno approvato sanzioni unilaterali verso l'Iran

LA SIRIA OGGI

Nella prima metà del 2011, a seguito della cosiddetta Primavera Araba, anche la Siria viene coinvolta in manifestazioni contro il governo di al-Asad. Le proteste, iniziate nel Sud, al confine con Israele, si sono espanse lentamente in tutto il Paese, fino alla capitale. A giugno 2011 le proteste sembrano attenuarsi in seguito a scontri cruenti con lo Stato siriano, e diversi esponenti riparano in Turchia, con grande preoccupazione del premier turco Erdoğan.
I gruppi per i diritti umani parlano di 1.300 vittime tra i manifestanti e 300 tra le forze dello Stato Siriano. Attualmente le vittime sono salite a circa 5800 morti di cui 3800 civili e 2000 militari. Due risoluzioni di condanna del Consiglio di Sicurezza dell'ONU sono state bloccate dal veto di Russia e Cina nell'ottobre 2011 e nel febbraio 2012.